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Come funziona la spumantizzazione del vino

Come il nome stesso suggerisce, la spumantizzazione è il processo che dà origine agli spumanti partendo da un vino fermo oppure da un assemblaggio di vini diversi per vendemmie e per anni. 

 

A caratterizzare lo spumante è la presenza di spuma, originata dall’anidride carbonica che si sviluppa a seguito della fermentazione. Affinché si possa definire spumante, è necessario che il vino abbia una pressione minima di 3,5 bar a 20°C. 

 

I metodi di spumantizzazione del vino

La spumantizzazione avviene di norma secondo il Metodo Classico (o Champenoise) con rifermentazione in bottiglia, oppure secondo il Metodo Charmat, detto anche “Martinotti”, con rifermentazione in autoclave. Esiste poi una terza via, il metodo tradizionale sui lieviti, con rifermentazione naturale in bottiglia. In questo caso, non viene aggiunta la soluzione zuccherina propria del processo di spumantizzazione, ma il residuo zuccherino con cui il vino è stato imbottigliato viene fatto rifermentare in bottiglia coi lieviti della prima fermentazione.  

 

Metodo classico o Champenoise

La spumantizzazione con Metodo Classico è nata in Francia, nella regione della Champagne (da qui il nome Champenoise). Sul finire del 1600 Pierre Pérignon, abate del monastero di Hautvillers, venne a conoscenza della rifermentazione del vino in bottiglia durante un pellegrinaggio a Limoux (Languedoc-Roussillon). Sulle modalità con cui lo spumante è nato, per la verità, non vi sono certezze. Leggenda vuole che, all’interno del monastero, esplosero alcune bottiglie di vino bianco che suggerirono all’abate la presenza di gas al loro interno. Altre fonti raccontano invece dell'usanza che Dom Pérignon aveva di aggiungere dello zucchero ai vini prima di imbottigliarli, così da renderli più frizzanti. Ciò che è certo, è che fu lui a intuire l’importanza di una seconda fermentazione. E a inventare il metodo di produzione dello champagne che, fuori dalla zona in cui questo si produce, prende per l’appunto il nome di Metodo Classico. 

 

In Italia, il Metodo Classico viene impiegato per la spumantizzazione di vini non aromatici. E, dunque, di vini ricavati da vitigni Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco o Pinot Meunier. Oppure, per vini da vitigni autoctoni (sempre non aromatici).

 

 

Al vino base o alla cuvée si aggiunge una soluzione composta da vino base, zucchero, lieviti e sali minerali: è il cosiddetto “liqueur de tirage”, che consente d’ottenere le bollicine tipiche dello spumante (alcool e anidride carbonica). Il vino viene a quel punto imbottigliato: si utilizzano bottiglie in vetro scuro, col fondo convesso e un tappo a corona con un piccolo cilindro di plastica, laddove i lieviti si raccoglieranno alla fine della fermentazione. Le bottiglie vengono dunque poste in orizzontale in un luogo buio, ad una temperatura di 10-12°C, e lì rimangono per almeno 18 mesi (ma il processo può durare anche anni). Lentamente, i lieviti trasformano gli zuccheri sviluppando alcol e anidride carbonica 

 

Terminato il lungo affinamento, si esegue una rotazione delle bottiglie (remuage) per separare dallo spumante i lieviti esausti: dalla posizione orizzontale si procede per step intermedi, fino a che la bottiglia raggiunge la posizione verticale. Un’operazione che può essere eseguita a mano con l’uso di appositi cavalletti oppure in modo meccanico utilizzando i girapallets, capaci di contenere centinaia di bottiglie. Le fecce dei lieviti, raccolte sotto il tappo a corona, devono a quel punto essere espulse: i colli delle bottiglie vengono inseriti in un bagno refrigerante fino a congelamento in modo che, una volta aperto il tappo a corona, il cilindro di plastica con le fecce possa essere espulso 

 

Prima che lo spumante venga imbottigliato in via definitiva, è necessario aggiungere il liqueur d’expedition per compensare la secchezza del vino al termine della fermentazione. Il liqueur, a seconda del contenuto zuccherino, ha un suo dosaggio: se si utilizza lo stesso spumante per effettuare il rabbocco, si otterrà uno spumante secco (Brut Nature). Ma le possibilità sono davvero molte: si può usare vino invecchiato in barrique, un distillato, lo zucchero di canna. La ricette sono in genere “segrete” e sono alla base di spumanti unici e specifici. 

 

L’ultimo passaggio del Metodo Classico è il confezionamento. Le bottiglie vengono tappate col tappo definitivo: alcuni spumanti verranno subito destinati alla vendita, altri verranno affinati ancora per ottenere prodotti ancor più prestigiosi. Lo spumante standard va consumato tra i 6 e i 12 mesi dalla data di stappatura (riportata sull’etichetta). 

 

Metodo Charmat

Il Metodo Charmat è nato sul finire dell’Ottocento per invenzione di Federico Martinotti (motivo per cui è chiamato anche Metodo Martinotti). Dai costi ridotti e i tempi più brevi, vede il vino base fermentare in autoclavi a temperatura controllata. Il nome Charmat è un omaggio ad Eugène Charmat, che brevettò il metodo agli inizi del Novecento. 

 

Tale metodo di spumantizzazione è perfetto per i vini da vitigni aromatici, poiché aromi e sapori vengono estratti in minor tempo rispetto al Metodo Classico e non vi è una lunga permanenza dei lieviti (che rovinerebbero i profumi dei vitigni).

 

Tutte le fasi del Metodo Charmat

La cuvée di vini base viene inserita in un’autoclave (un grosso contenitore in acciaio inox, sotto pressione) per una fermentazione rapida. La durata del processo è di 30-80 giorni, ma per la commercializzazione bisogna aspettare alcuni mesi affinché lo spumante si stabilizzi. 

I tempi brevi ne fanno il metodo di spumantizzazione più utilizzato quando è necessario ottenere grandi quantità di spumante: dalla doppia fermentazione in autoclave di mosti refrigerati esce infatti il prodotto finito, da filtrare e imbottigliare. 

 

Come nel Metodo Classico, anche nella spumantizzazione in autoclave vengono aggiunti zuccheri, sali minerali e lieviti selezionati. Dopo la presa di spuma si procede col travaso e la filtrazione in condizioni isobariche, con la refrigerazione, la filtrazione, l’imbottigliamento isobarico e il confezionamento. Molte fasi del Metodo Charmat avvengono dunque in condizioni isobariche, e dunque sotto pressione, così da non provocare la dispersione dell’anidride carbonica. 

 

Esiste però anche il cosiddetto “Metodo Charmat lungo”, che vede il vino permanere coi lieviti per 9-15 mesi e, spesso, prevede l’aggiunta del liqueur d’expédition: in questo modo, si otterranno spumanti dall’aroma più deciso. Brevettato dall’enologo Nereo Cavazzani negli anni Settanta del Novecento, tale metodo prevede l’impiego di agitatori ad elica all’interno dell’autoclave per sospendere i sedimenti della fermentazione, regalando un risultato simile al Metodo Classico. 

 

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